Abbiamo citato la cosiddetta Legge del Minimo nel nostro articolo sugli integratori. Ora vogliamo approfondire l’argomento e illustrare l’importanza che questo principio riveste nell’ambito dei processi biologici in generale e degli impianti a biogas in particolare.
La Legge del Minimo di Carl Sprengel
Nel 1828 il botanico e agronomo Carl Sprengel formula la legge seguente, che in seguito diverrà nota come Legge del Minimo:
“La crescita di una pianta non è regolata dalla somma di tutte le risorse disponibili, ma dalla quantità della risorsa più scarsa.”
Cosa significa questo enunciato in termini pratici? Che la vitalità di un vegetale non dipende dalla semplice somma di tutti gli elementi nutrienti presenti nel terreno, ma dalla quantità del nutriente più scarso in relazione ai bisogni minimi del vegetale stesso. L’elemento che scarseggia prende il nome di fattore limitante.
Facciamo un semplice esempio (con l’avvertenza che i dati citati sono immaginari e servono solo per rendere il concetto più comprensibile). Supponiamo che una certa pianta abbia bisogno ogni settimana di assorbire 10 grammi di fosforo, 10 grammi di azoto e 10 grammi di potassio. Dopo un certo periodo il terreno si impoverisce, per cui la razione settimanale di fosforo passa a soli 5 grammi: la crescita della pianta subisce un rallentamento e appaiono altri sintomi di sofferenza. A quel punto il coltivatore sparge sul terreno un fertilizzante contenente solo azoto e potassio, in modo che le rispettive razioni settimanali aumentino a 15 grammi. Però l’incremento della concentrazione di questi elementi, anche se benefici, non può sostituire la carenza di fosforo (che è il vero fattore limitante), quindi la pianta continuerà a deperire.
Il lavoro di Justus von Liebig
Anche se originariamente enunciata da Sprengel, La Legge del Minimo viene oggi associata al chimico e agronomo Justus von Liebig, che ne ha esteso il campo di applicazione a tutti i processi biologici in genere. Liebig ha riformulato la legge in questo modo:
“La crescita di un organismo vivente in un certo ecosistema è determinata dalla risorsa vitale che è presente in quantità minore rispetto alle sue necessità”.
In altre parole vengono considerati come fattori limitanti non solo gli elementi nutritivi in senso stretto, ma tutti quelli che concorrono all’attività di un dato sistema biologico: la luce, il calore, l’aria, eccetera. Va inoltre tenuto presente che un fattore limitante non è tale solo in riferimento alla sua scarsità, ma anche alla sua eventuale sovrabbondanza: tutti gli appassionati di giardinaggio sanno che una pianta in vaso senz’acqua si secca, ma che con troppa acqua “annega” e muore ugualmente.
Un altro merito di Liebig consiste nell’aver compreso che, affinché un certo processo biologico avvenga in maniera ottimale, non si deve tenere conto solo della quantità delle risorse necessarie ma anche delle interazioni tra di esse. Tornando all’esempio del primo paragrafo, potrebbe succedere che gli elementi nutritivi in eccesso non solo siano inutili per rivitalizzare la pianta, ma che la reciproca influenza li renda addirittura nocivi. Liebig, già nel XIX secolo, si era reso conto dei danni causati dall’uso massiccio di concimi artificiali (cioè dall’immissione nel terreno di quantità molto elevate di elementi chimici), anticipando i moderni concetti di agricoltura biologica e sostenibile.
La Legge del Minimo e gli impianti a biogas
Il biogas viene generato grazie ad alcuni batteri che provocano la fermentazione della biomassa. Quindi, alla luce di quanto spiegato finora, la Legge del Minimo vale anche per i processi fermentativi e l’esperienza fatta nel settore degli impianti a biogas conferma quanto scoperto da Sprengel e Liebig.
I batteri digeriscono parte della biomassa e la trasformano in metano. La vitalità dei batteri e la loro moltiplicazione dipendono dalla presenza di alcuni elementi minerali, che agiscono sia come nutrienti sia come catalizzatori delle complesse reazioni che hanno luogo nel digestore. È stato ampiamente dimostrato che la carenza anche di un solo fra questi elementi provoca il rallentamento dei processi fermentativi e, di conseguenza, l’abbassamento del tasso di conversione della biomassa in gas. Inoltre si è visto che si deve tenere conto non solo delle carenze dei singoli elementi, ma anche della loro interazione, poiché essi agiscono sinergicamente.
Queste sono proprio le ragioni per le quali è necessario analizzare accuratamente la biomassa e provvedere alla formulazione di integratori su misura. Infatti non basta supporre che esistano delle carenze basandosi solo sulle performance dell’impianto, ma bisogna stabilire esattamente quali elementi integrare, perché l’aggiunta indiscriminata di nutrienti può rivelarsi non solo inutile ma anche deleteria.
Tale modus operandi assume un valore ancora maggiore quando si pensa che il digestato, ovvero il residuo del processo di generazione del gas, viene impiegato come fertilizzante in agricoltura. Se il digestato apportasse troppi elementi chimici risulterebbe essere un concime inefficace e dannoso. Quando invece contiene solo gli elementi utili, nelle giuste concentrazioni, esso diventa il miglior fertilizzante che si possa utilizzare perché arricchisce il suolo nel modo più naturale possibile, con effetti positivi sulla fauna e la flora del terreno. Questo risultato può essere raggiunto solo attraverso una corretta attività di integrazione della biomassa.