Introduzione:

Nonostante le difficoltà che sta attraversando il settore agricolo, in questi ultimi anni le superfici coltivate a mais da trinciato sono state caratterizzate da una buona tenuta trainate dall’allevamento e dal settore energetico. Notiamo tuttavia una sempre maggior apprensione riguardante i costi di gestione in costante aumento, parallelamente alle problematiche climatiche che stanno portando una sempre più alta sensibilizzazione riguardo l’ottimizzazione di tutte le fasi del processo produttivo. Tutto ciò al fine di ottenere il massimo potenziale dalla coltura coltivata sfruttandone a pieno l’investimento.
Tale argomentazione risulta essere molto vasta e dalle mille sfaccettature, cercheremo in questo breve articolo di fornire degli spunti di riflessione per quanto riguarda la corretta epoca di raccolta del prodotto per sfruttarne al meglio le caratteristiche ad uso energetico.

 

Maturazione:

Lo stadio di maturazione viene monitorato in campo, osservando la condizione della così detta “linea del latte” nella granella. Per massimizzare la qualità in termini energetici, il mais è da considerarsi pronto per il raccolto dell’insilato quando la linea del latte si trova a metà o due terzi delle cariossidi. Durante queste fasi, il contenuto di amido aumenta esponenzialmente e la digeribilità della fibra si trova in un range ottimale.

Alcuni ibridi di mais sono considerati “stay green”: caratteristica che consente alla pianta di rimanere verde per un lungo periodo, mantenendo una buona digeribilità della fibra e un corretto riempimento delle cariossidi permettendo dunque una finestra di raccolta più ampia.
Questo però richiede un’attenta osservazione dello stadio di maturazione e aumenta la necessità di adeguare il momento della raccolta al reale contenuto di sostanza secca della pianta di mais.
Gli ibridi con elevate caratteristiche “stay green” hanno una linea del latte più avanzata rispetto all’aspetto visivo della pianta, mentre gli ibridi con basse caratteristiche “stay green” sono pronti per il raccolto quando la linea del latte è in una fase meno avanzata.
Visto quanto sopra, appare chiaro come la costante supervisione dell’andamento della maturazione svolga un ruolo fondamentale per il corretto tempismo nella scelta dell’inizio di trinciatura.

 

Sostanza secca:

La sostanza secca ideale del silomais volta ad utilizzo energetico si attesta in un range di valori compresi tra il 33% e il 36% a seconda delle condizioni di linea lattea e pianta descritte sopra.
Ci rendiamo conto tuttavia che non è sempre possibile raggiungere la sostanza secca ottimale nel silomais in modo omogeneo, soprattutto a causa dei numerosi appezzamenti e delle quantità di prodotto in gioco. Spesso è necessario e consigliato, raccogliere il prodotto con una sostanza secca più bassa rispetto all’ottimale prima indicato per ottenere al termine del cantiere un valore medio compreso in questo range; trinciare infatti prodotto troppo secco può portare a diverse problematiche all’interno degli impianti quali:

  • Galleggiamenti superficiali;
  • Bassa digeribilità;
  • Quantità di lignina indegradabile elevata;
  • Difficoltà in fase di pestatura e relativo ingresso di ossigeno all’interno del silo con conseguente difficoltà di conservazione;

Lunghezza, altezza di trinciatura e rottura della granella:

Riguardo la lunghezza di trinciatura per il silomais ad uso energetico consigliamo sempre di optare per quella più corta possibile (3 mm) per tre motivi principali:

  • Miglior gestione in termini di omogenizzazione in vasca;
  • Velocità di resa in termini di produzione di gas vista la maggior rapidità di aggressione da parte dei batteri;
  • Facilità di insilamento e conseguente miglior conservazione del prodotto;

L’altezza di taglio raccomandata è di circa 30 cm (o superiori), in modo tale da massimizzare la resa in termini di sostanze nutritive ed evitare di contaminare il foraggio con il terreno con ripercussioni in termini di corretta conservabilità del prodotto.

Il settaggio ottimale del rompigranella risulta fondamentale per una corretta rottura delle cariossidi che consente un più veloce sfruttamento del prodotto in termini di resa energetica e in particolare per alcune tipologie di impianti (tempi di ritenzione ridotti) permettendo di sfruttarne a pieno le potenzialità energetiche.
A livello pratico suggeriamo di effettuare campionamenti durante la trinciatura e verificare che all’interno di 1 litro di silomais non debbano essere presenti più di 3 o 4 cariossidi intere al di fuori di tale misura.

 

Problematiche e fermentazioni:

Generalmente il silomais è considerato un insilato facile da realizzare con minori problematiche fermentative rispetto ad altre tipologie di foraggio (si veda ad esempio i cerali autunno vernini).
Ciò che può portare a perdite di sostanza secca e relativa perdita economica, è sicuramente l’instabilità del prodotto durante la conservazione e alla riapertura del silo. Questo rischio è imputabile principalmente a problematiche fermentative e di instabilità aerobica dovute all’attività di lieviti ed altri microrganismi deterioranti che consumano sostanza secca e portano ad una riduzione del potenziale di resa dell’insalato.
Per limitare lo sviluppo di questi microrganismi indesiderati ed ottenere le corrette fermentazioni in fase di chiusura del silo, oltre alle buone pratiche di insilamento, è sempre consigliato utilizzare inoculi microbici a base di batteri eterolattici ed omolattici specifici, capaci di accelerare la fase di acidificazione del prodotto iniziale e mantenerlo stabile nel tempo anche una volta aperta la trincea. Gli inoculi agiscono pilotando le reazioni biomiche ideali facilitando la secrezione di molecole specifiche che condizionano la conservabilità del silo.

Il trattamento è consigliato anche in mais che vengono raccolti “sani” per ottimizzare la conservazione e ridurre le perdite, ma è fortemente consigliato laddove vengano raccolti mais allettati o danneggiati dalla grandine, perché entrano nel silo con una carica microbiologica scorretta molto attiva.